La veduta di Vermeer

16.02.2023

Quando Jan Vermeer dipinge "Veduta di Delft", datata 1660-1661, ha probabilmente poco meno di trent'anni. Ci sono pochissimi documenti e testimonianze che raccontano la sua vita. È nato nel 1632 a Delft e lì è morto nel 1675. Di lui restano poco meno di quaranta tele. Ci sono un equilibrio e una forza uguali e contrari nella vita e nelle opere di questo artista. Tanto è potente, lieve, inafferrabile, volatile, quasi incontrollato il mistero dei suoi dipinti, tanto è incisiva, gravosa, radicata a terra la sua esistenza. Ha trascorso la vita nella piccola, incantevole Delft, destreggiandosi tra una famiglia numerosa - moglie, quattordici figli, una suocera, Maria Thins, fondamentale nella gestione del ménage familiare ed economico - nessun piglio per gli affari, l'incombenza costante dei debiti. Eppure, di Vermeer rimane l'incanto della luce. Il silenzio delle sue tele è un inno a quanto c'è al mondo di più impalpabile, magnifico, profondo. Stare fermi davanti alla "Veduta di Delft" è un'esperienza che difficilmente si può dimenticare. Per me, il quadro più potente, misterioso, denso di appagamento tra quelli che i miei occhi hanno potuto vedere. Se esiste un oggetto tangibile, osservabile, con un peso specifico e una densità che possa dare forma alla bellezza e alla felicità, per me è la "Veduta di Delft". Minimo, tutto raccolto in quel colpo d'occhio che dalla riva passa al cielo, spoglio quasi di ogni movimento eppure cangiante di continuo, tuffa lo sguardo nello spazio tra l'altezza delle nuvole e la profondità dell'acqua. E puoi solo stare a guardarlo come se tutto il senso del tuo girovagare lì trovasse una ragione. Un piccolo divano gli sta davanti, in una stanza relativamente piccola del Museo Mauritshuis dell'Aia, dove è conservato. Sulla parete opposta la celebre, bellissima "Ragazza con l'orecchino di perla", assediata da sguardi ansimanti, indiscutibilmente fascinosa, luminosa anche lei, perché Vermeer questo sapeva fare: raccontare la luce. Solo che non riuscivo a staccarmi dal piccolo divano sistemato composto e in silenzio davanti alla "Veduta di Delft". Da lì a me pareva di vedere il mondo intero.