Simenon e Maugin

Questo è un romanzo che vive di immagini. Certo, tutte le storie narrate sono colme di immagini, prendono forma nei nostri pensieri ad ogni respiro di parola, e però è tanto vero ne "Le persiane verdi" di Georges Simenon (Adelphi), che di immagini era forgiatore, incantatore. Qui, poi, il protagonista, Émile Maugin, di mestiere attore, famosissimo, in cima ad una carriera splendente di luce accecante, è una figura che Simenon cesella mettendo insieme personaggi reali, il suo immaginario scenografico e il solito mai sopito ingrediente di una ruvida normalità. E in questa alchimia lo scrittore riesce a cucire dentro le pagine un personaggio sul quale taglia corto così: "Maugin non è né il tale né il talaltro. È Maugin, punto e basta, ha pregi e difetti che appartengono solo a lui". Non è un dettaglio che Maugin calpesti palcoscenici e set cinematografici, e neppure il fatto che Simenon stringa il campo sull'intima fragilità di una figura vistosa, orgogliosa, piena di sé. Le immagini sono tutte qui. Stese sopra un uomo abituato a dominare e che improvvisamente, per via di un ventricolo, sente l'incanto che sgretola, l'orizzonte che stringe. Ma Simenon, da grande regista della parola, mette in scena i dettagli privati di un uomo pubblico come le sequenze di un film, organizzate in un montaggio perfetto, con raccordi, tagli, cesure, dissolvenze. E a leggere queste pagine di sera, quando il cielo fuori si è sciolto nel crepuscolo, il buio avanza in silenzio e tu stai comodo, solo una luce puntata sulla pagina (perché non ti va di disturbare le ombre), in questo scuro confortevole senti che ogni immagine prende forza, e stai sulla carta come davanti a uno schermo fatto di parole.
"Aveva sentito il clic dell'interruttore e sapeva che fuori era buio, che era inverno, che la sua stanza era come un'oasi di luce soffusa e di calore. Avvertiva il profumo del caffè che Camille, in piedi accanto al letto, gli porgeva su un vassoio, ma non voleva ancora risalire completamente in superficie per paura di quello che lo aspettava, anzi, si sforzava di continuare a nuotare verso gli abissi tiepidi e oscuri del sonno, impregnati del suo stesso sudore".