Femmina nel mondo

Sono cresciuta in una famiglia sbilenca come tante famiglie. Una famiglia del sud salita al nord nei primi anni Sessanta. Papà era un giovane laureato in giurisprudenza con tutto da costruire, mamma diplomata al liceo classico, ha frequentato la facoltà di psicologia, ma non ha completato gli studi. Mia sorella, mio fratello e io siamo nati e cresciuti in Veneto.
Una famiglia del sud, un sud profondo che a inizio Sessanta sentiva come un'eco lontana e vaporosa il boom che altrove era poliuterano espanso. Dei pezzi di famiglie rimasti al sud ho conosciuto frammenti, più dalla parte di mamma che di papà. Però so le storie di tutti, so le origini, so soprattutto il mondo nel quale affonda la mia famiglia. Un mondo per certi versi molto chiuso, per altri controcorrente, non convenzionale. Dico non convenzionale per l'epoca, oggi le bizzarrie che hanno attraversato i miei familiari, giù al sud, dagli anni Trenta ai, mah, non so, gli Ottanta?... fanno sorridere. Ma sono state lotte di sopravvivenza, e le vicende di quel tempo e luogo lontani restano essenziali.
Dalla parte di mamma c'è nonna Enrica, romana, borghese, eccentrica, inquieta, risoluta, che per amore sposa nonno Celestino e dalla capitale va giù al sud, in un mondo chiuso, selvaggio, ruvido, dove c'è un certo benessere ma Celestino è un sognatore e non è pragmatico. Dalla parte di papà c'è nonna Anna Maria, calma, religiosa, attaccata alla flemma, rocciosa, lei sposa nonno Michele, placido e silenzioso, hanno cinque figli, vivono con l'essenziale ma non c'è da scialare. Tutte e due diventano vedove quando i loro mariti hanno poco più di cinquant'anni. Restano sole con i figli e inventano soluzioni. Enrica rimane inquieta e risoluta, Anna Maria calma e rocciosa. Faranno alcune scelte scellerate, ma chi sono io per giudicarle. Entrambe, ad un certo punto, salgono al nord seguendo i figli.
Nonostante io abbia sempre sentito l'eco del mondo chiuso a sud, un mondo dove donne e uomini avevano il loro posto e non era certo alla stessa altezza, sono cresciuta in mezzo alla eguaglianza, nessun atteggiamento di supremazia maschile, nessun incoraggiamento al profilo basso. Certo, quando per le vacanze andavo giù, c'era sempre qualche parente pronto a ricordare cosa stava bene e cosa no; ma per l'educazione che ricevevo me ne fregavo sonoramente senza mancare di rispetto a nessuno. Al nord non era più semplice: le lotte tra i miei genitori hanno dato scandalo, da bambina mi sentivo giudicata da tante famiglie per bene, e compatita.
Devo alle scelte scandalose di mamma (una mamma non semplice) la fierezza di essere femmina; devo alla dolcezza e alla limpidezza di papà (un papà non semplice, anche lui) la testa alta nel mondo, anche se non sono riuscita a fare sempre le scelte che avrei voluto, anche se ancora oggi sento la salita faticosa nel procedere. E devo a zia Anna il pensiero libero, forse non mi pervade quanto ha pervaso lei, ma lo vedo sempre laggiù a ogni passo che faccio.
Dal matrimonio dei miei genitori, farraginoso, devastante, corrosivo, deleterio per loro e per i figli, qualcosa di buono è uscito. Se sono donna nel mondo lo devo a quei due che non sapevano vivere né in pace né insieme. Neppure io so tanto vivere in pace. Però so cosa sono. Una donna che ha origine a sud e si sente figlia del mondo intero. Per via della famiglia frantumata, della fierezza di essere femmina, la testa alta e la libertà all'orizzonte. Sono fortunata.
(L'immagine che accompagna il testo è il mare visto dal sentiero che porta alla spiaggia di Santa Domenica, vicino Capo Vaticano, foto di mia sorella).