Il "Furore" di Steinbeck

"Le donne guardavano gli uomini, li guardavano per capire se stavolta
sarebbero crollati. Le donne guardavano e non dicevano niente. E quando gli
uomini erano in gruppo, la paura spariva dai loro volti e la rabbia prendeva il
suo posto. E le donne sospiravano di sollievo, perché capivano che andava tutto
bene: il crollo non c'era stato; e non ci sarebbe mai stato nessun crollo
finché la paura fosse riuscita a trasformarsi in furore.
Piccoli germogli d'erba cominciavano a sbucare dalla terra, e in pochi giorni
le colline furono verdi di nuova vita".
Prima l'arsura che si prende tutto, lo polverizza, trascina con sé uomini, bestie, campi, granai, e tutta l'anima della terra. Poi una pioggia gonfia, dilatata, possente, estenuante; una pioggia che trascina tutto e di nuovo schianta, inghiotte, fa sparire ogni cosa. Soprattutto la necessità di vivere. Il "Furore" di John Steinbeck scorre in oltre seicento pagine che sono tempesta, disperazione, lotta furiosa, scoramento, morte e vita. E a leggerle, una linfa battente scorre sopra gli occhi, sopra il corpo e dentro, nelle arterie fino agli organi, e in ogni anfratto deciso a pensare, vitale.