L'umanità di Giotto

È lì, a pochi passi, la Cappella degli Scrovegni. Vista
tanti anni fa e poi data per scontata, come tutte le cose vicine, facili da
raggiungere e trascurate. A tralasciare la bellezza si perde e basta.
Tutto insieme il ciclo affrescato da Giotto racconta una storia divina, ma a
guardare ogni dettaglio, a scorrere con gli occhi tutti aperti ogni linea,
colore, movimento, vedi un racconto che tracima umanità, realismo,
palpitazione. A descrivere ogni frammento ci pensano gli esperti, a me basta il
colpo d'occhio, grande immenso sopra le figure e le variazioni, e alcuni
dettagli profondi fino alle lacrime.
Tra la contemplazione, divina e celeste, e il giudizio universale ci sono le
storie di Gioacchino e Anna, genitori di Maria, c'è la storia di Maria e
Giuseppe, ci sono la strage degli innocenti e i volti delle madri terrorizzate,
e poi fuga, nascita, morte.
I dettagli più commoventi sono il bacio carnoso, labbra a labbra, tra
Gioacchino e Anna che avranno una figlia, Maria, annunciata come un prodigio e
poi lì, bambina presentata al tempio, magnifica e impavida davanti al vecchione
(mi torna in mente il telèro di Tiziano alle Gallerie dell'Accademia,
meraviglioso). E sempre Maria, agli Scrovegni, è intensamente umana mentre tira
a sé Gesù appena nato, umani e complici occhi negli occhi.
Quando poi tutto è compiuto, resurrezione compresa, lassù contempli il disegno
di Dio e ti accorgi di quanto umano dolore sta a contrappeso del rapimento
estatico: l'inferno steso giù alla sinistra dell'onnipotente (alla destra dell'osservatore)
è un intreccio di patimento, tortura, corpi aggrovigliati, disperati, misti a
diavoli flagellatori e un Lucifero divoratore al centro. Tutto splende
maledettamente e beatamente insieme e tiene gli occhi aggrappati alla profonda
umanità di cui è fatto il mondo.