Homo Faber è The Journey of Life

13.09.2024

Il viaggio della vita, dalla nascita all'aldilà.
All'Isola di San Giorgio c'è la terza edizione di Homo Faber. Per celebrare l'arte dell'artigianato nel mondo. Fino al 30 settembre.
Il titolo è movimentato come la mappa visiva, sensoriale, materiale che l'esposizione offre: "The Journey of Life" inizia all'alba dell'esistenza umana, attraversa stagioni, stati d'animo, orizzonti, possibilità, e si affaccia oltre la morte, in dieci tappe: Nascita, Crescita, Celebrazione, Patrimonio, Amore (corteggiamento) e Amore (unione), Viaggio, Natura, Sogni, Dialoghi, Aldilà.
La direzione artistica dell'edizione 2024 è del regista Luca Guadagnino e dell'architetto Nicolò Rosmarini, da un'idea di Hanneli Rupert, vicepresidente della Michelangelo Foundation for Creativity and Craftsmanship, l'istituzione che cura Homo Faber in partenariato con Fondazione Giorgio Cini e Fondazione Cologni dei Mestieri d'Arte.

Un'immersione nella bellezza, non una circostanza puramente estetica, ma l'unione di forma e contenuto: l'armonia dell'essenza che prende senso nelle linee, o il loro contrasto.
Il viaggio ha una mappa precisa, definita da luoghi e stati d'animo; può sembrare una facilitazione, per me è stata una sfida.
Il venire al mondo di esseri e cose si muove in una progressione di esperienze, saperi, pause, riflessioni, sentimenti, gusti, elevazioni, cadute, mistero, alternanza di notte e giorno. Una miriade di punti sulla mappa dell'esistenza, tracciati per il solo fatto di vivere, anche senza pensarci, senza la consapevolezza che il viaggio nel mondo si compone di tensioni verso conoscenza, scoperte, emozioni, pensieri, azioni, desideri, sorprese, stordimenti.

Sono più di 800 gli oggetti d'alto artigianato messi in mostra e raccontati in modo performativo, come a dire che gli attrezzi, necessari o superflui, raccontano il lavorio dell'esistenza, non sono statici ma rappresentano, connettono, partecipano, cambiano. Nel movimento, esteriore e profondo insieme, questi oggetti diventano propedeutici all'arte.
Sono strumenti d'uso, arredi, accessori, complementi di pura contemplazione, da indossare, esporre, poggiare, trasportare, utilizzare, capaci di vivere per sé stessi e creare socialità.
Dunque, raccontare Homo Faber ha più a che fare con le sensazioni che con la descrizione. Un'esplorazione dell'isola in dieci stazioni di posta, fino all'aldilà, luogo indefinito, aperto alle interpretazioni, compresa l'idea della sua assenza.

La Nascita sta nel Chiostro del Cipressi. Venire al mondo è un azzardo, una contingenza, qui finemente tessuta e ricamata in 60 pannelli (di altrettanti artigiani del mondo) appesi nel portico a quadrilatero. Ogni riquadro è un tassello del Gioco dell'Oca. Nel passatempo, nato in Italia in pieno Rinascimento, si tirano i dadi per procedere, fermarsi, tornare indietro, ripartire, Qui no. Si tende verso la meta con lo sguardo, si procede, arretra, riparte, per immagini. In ogni caso, siamo cascati sulla terra.
La Sala adiacente al Chiostro dei Cipressi accoglie la Crescita. Sono i giochi dei bambini e dei grandi. Una miriade di oggetti mescolati che oscillano tra vintage e innovazione. L'infanzia è il luogo dove impariamo a sperimentare, dove capiamo che sperimenteremo per il resto della vita. Automobiline, flipper, soldatini di legno, giochi da tavolo, caleidoscopi, oggetti da smontare, contemplare, modificare, per inventare o simulare la realtà.
Fare esperienza apre la via alla consapevolezza di sé e del mondo. Una circostanza mutevole: da una parte si fissano orizzonti, dall'altra si spostano. In questo movimento la vita si rafforza, si definisce, diventa rituale. La Celebrazione mette in scena i riti: è piazzata nel Cenacolo Palladiano, dove trionfano "Le Nozze di Cana" di Paolo Veronese, dipinto commissionato dai monaci benedettini dell'Abbazia di San Giorgio nel 1562 (l'originale è finito al Louvre; in isola campeggia a parete un perfetto clone digitale del dipinto). La stanza è allestita con un enorme tavolo a specchio, imbandito da oggetti di convivialità: piatti, posaterie, calici, coppe, cristalli di ogni tipo, accessori da pranzo, cena, merenda, moltiplicati dalla superficie, al punto che dalla tavola si alza un frastuono, come se i commensali fossero intorno a partecipare e condividere.
In questa progressione, gli oggetti raccontano come ci definiamo nel mondo, i limiti che mettiamo, le esperienze accumulate e le regole. È il nostro oscillare tra libertà e confini, una dicotomia, un conflitto, un'opportunità.

Patrimonio, Sala delle Fotografie, montaggio a pareti di Luca Guadagnino
Patrimonio, Sala delle Fotografie, montaggio a pareti di Luca Guadagnino

Alla tappa numero quattro rallento, mi fermo, rifletto. La Stanza delle Fotografie accoglie il Patrimonio. Parola, idea alla quale non mai dato troppa attenzione. Ho esitato soprattutto con i pensieri, nei giorni a venire, dopo aver attraversato la mostra, dopo aver ascoltato gli interventi dei curatori e le parole di contorno.
Nella Sala delle Fotografie la Fondazione Cini espone le immagini che documentano il restauro della sede. Il patrimonio è ciò che possediamo. Nel trionfo della materia messo in scena da Homo Faber, in questa stanza vedo un passaggio, uno scarto: è documentato il recupero patrimoniale di San Giorgio. Mi chiedo cosa sia un patrimonio. Quello inteso dai curatori di Homo Faber sono il sapere e le competenze tramandati dalle tradizioni. Mi sembra una bella eco dentro questa stanza. Gli oggetti poggiati sui ripiani risuonano con il montaggio di immagini e filmati, stesi sulle pareti e sul soffitto da Luca Guadagnino. Documentano il lavoro di aziende tradizionali colme di esperienza: l'effetto è una sala cinematografica tridimensionale, un racconto per immagini. È in questa narrazione che sento lo scarto tra il peso materiale della vita che viviamo e la parte intangibile di noi, parte enorme, non quantificabile. Varcare questa soglia mi pare essenziale: capire la differenza tra l'accumulo di oggetti e l'accumulo di saperi, esperienze, emozioni. Forse solo così si entra nelle stanze dell'Amore.

Amore,The Wishes_Hyejeong Ko Artisan_Alexandre Vazquez©Michelangelo Foundation
Amore,The Wishes_Hyejeong Ko Artisan_Alexandre Vazquez©Michelangelo Foundation

L'Amore qui rappresentato è declinato in corteggiamento e unione. Gli oggetti sono finissimi. Nella Sala Bianca, la fase di avvicinamento: splendono fiori, farfalle, lavorazioni minuziose e preziose per adornare e raccontare la bellezza; spille, vasi, intrecci, abbagliano di pietre preziose lavorate e montate. Nella grande Sala degli Arazzi ci sono scrigni, fini gioielli, tessuti: l'unione danza tra sensualità, erotismo e incanto. L'amore è questo ed è di più. È carne, corpo, tatto, silenzio, desiderio, abnegazione. Gli oggetti brillano e oscillano, rimbalzano tra terra e aria. Tuttavia, il varco è attraversato. Da qui in poi la vita perde certezze, conquista spazio.
Il Viaggio è estensione nel mondo e dentro di noi. Sta nel Padiglione delle Capriate dove si incrociano mappe, globi, strumenti di navigazione. Sembra di sentire venti a favore e contrari, scafi che fendono l'acqua, ali che solcano i cieli. Tutto quello che abbiamo attraversato fin qui, prende velocità, immaginazione. Nessun viaggio è possibile senza immaginazione. Possiamo viaggiare in molti modi, possiamo viaggiare sempre.
La stanza della Natura è la Ex Tipografia. La sala sembra una caverna lavorata, dove la materia selvaggia, cruda, spontanea, prende forma nel confort. Desideriamo stare bene negli spazi che abitiamo, colmi di armonie vegetali, minerali, terrose. Ma l'incontro tra umanità e natura implica sempre un adattamento, una forzatura che spesso riduciamo a un conflitto doloroso. La chiave d'accesso dovrebbe essere l'armonia tra i corpi, tra forma e sostanza, natura e cultura.
Inevitabilmente si arriva ai Sogni. Lo spazio è la magnifica Piscina Gandini, un luogo incantato di suo: è la piscina coperta che ai tempi accoglieva acqua, tepore, suoni squillanti, tuffi, languore a bordo vasca. Nei sogni l'acqua è primordiale, rimbalza l'umanità al ventre, è amniotica. Nell'allestimento è un filo, una superficie liscia al colmo della piscina, sulla quale fluttuano manichini flessuosi, vestiti di abiti aderenti in maglia; corpi incappucciati, senza volto, senza distinzione se non le variazioni cromatiche degli abiti e delle luci tutte virate in rosso. Ai lati teorie di maschere da tutto il mondo, tradizionali, rituali, teatrali. Nel sogno le maschere coprono e svelano lati di noi, ci tengono sospesi tra la vita e la morte, tra il tempo e l'assenza.
Giro e rigiro nel salone, guardo l'esercito di corpi a filo d'acqua, cambio prospettiva, ad ogni scorcio mi arrivano addosso le maschere. Non so se questo sia un bel sogno. È la parte del viaggio in cui la terra sotto i piedi è persa. Spaventa, tocca affidarsi e attraversare.
Si arriva ai Dialoghi. Mi dico che a sperimentare le paure, il disorientamento, si ritrova forse una connessione al mondo. Nella sala al primo piano della Scuola Nautica ci sono gli artigiani che lavorano il cuoio, cuciono, dipingono pelli conciate e lavorate, montano meccanismi di orologi, creano oggetti che riconnettono la vita alla ritualità. Dopo il sogno c'è il risveglio, forse la saggezza, un tempo prezioso e lento.
Nella stessa ala della Scuola Nautica, accanto, si arriva all'Aldilà. Nella lingua di Homo Faber è "Afterlife": un dopo che ognuno immagina e sperimenta come crede. Il rito, la celebrazione, diventano la rappresentazione di noi fuori dal tramestio. Attraversate e accumulate esperienze ed emozioni, prende forma la memoria. Gli oggetti sono sacri, magici, non necessariamente religiosi. Altari, sculture, vasellami tengono in vita il ricordo di ciò che è stato o poteva essere. L'aldilà è la massima incertezza, per alcuni è tutto, per altri è nulla. L'umanità lo mette in scena dalla notte dei tempi. Questa è l'ultima tappa di "The Journey of Life". Penso alla prima: era il gioco dell'oca, un movimento circolare.

Non ho dimenticato un istante che Homo Faber accoglie e connette le creazioni dell'alto artigianato nel mondo. Tuttavia è un viaggio personale di esplorazione: ogni oggetto, ogni artigiano presente nelle diverse stanze a mostrare la manualità di quelle creazioni, a me ricorda che le costruzioni umane sono la rappresentazione del vivere. Vivere è stare nel mondo con un bagaglio di strumenti e sensazioni. Se questo bagaglio sia leggero, pesante, intenso, piccolo o grande, sta a noi.

Sogni, Piscina Gandini, Alaïa, Francia