I Buchi bianchi di Carlo Rovelli, oltre la curva spazio-tempo

12.03.2023

Leggere il cosmo, sfogliarlo come un grande volume che apre dimensioni del sapere, esplorazioni e immaginazione.
I libri di Carlo Rovelli, quelli scritti per tutti, non presuppongono la conoscenza puntuale della fisica, dell'astronomia e dell'universo. Presuppongono solo il desiderio di entrarci, accompagnati da uno studioso del cosmo, predisposto alla creatività.
È così anche "Buchi bianchi. Dentro l'orizzonte", uscito da poco nella consueta Piccola Biblioteca Adelphi.
Sono presa da grande entusiasmo. Non solo perché il cosmo l'ho sempre amato pur non capendone granché; non solo perché Rovelli riesce a rendere semplici concetti complicatissimi; e non solo perché restituisce l'essenziale delle conoscenze scientifiche sullo spazio-tempo, descritte come un viaggio avvincente, anche da un punto di vista narrativo.
No, soprattutto l'entusiasmo (è stato così a partire dalle "Sette brevi lezioni di fisica") mi prende perché a fare il viaggio che dalla Terra porta alle soglie di un buco nero, ci tuffa dentro, ce lo fa attraversare (sempre con la sensazione di restare vivi e pieni di stupore) e sconfinare dall'altra parte, fin nel futuro, fino a raggiungere il buco bianco, a percorrere tutto questo, prende forma la limpida sensazione che davvero il mondo e l'universo sono un'immensa distesa di punti di osservazione che cambiano la vita.
Quando Rovelli (attingendo ai maestri di tempo, spazio, fisica e cosmologia, da Anassimandro ad Aristotele, Aristarco, Copernico, Keplero, Galileo, Newton, su su su fino a Faraday e Maxwell e poi l'immenso Einstein) stende sulle pagine il concetto della curvatura spazio-tempo, della forza gravitazionale e del perché, non solo spazio e tempo non sono lineari, ma addirittura sono diversi a seconda della prospettiva che assumiamo, in questa affabulazione densa di scienza e umano stupore, capisco che nulla, proprio nulla è assoluto. E, a differenza del bisogno che molti hanno di struggersi per un assoluto, come dice l'autore, "l'impossibilità di accedere all'assoluto… mi sembra la sorgente di una vertigine dolce. la vertigine della leggerezza, dell'inconsistenza del tenue reale di cui facciamo parte…" (pag. 38).

Quanto è utile al vivere quotidiano capire com'è fatto un buco nero, quello spazio e forma densa, nata dal collasso di una stella, che se ne sta giù giù al termine di un imbuto sempre più lungo e stretto e che pure, lì, all'estremo ritroviamo.
E perché ritroviamo la stella, intenta a pulsare mentre la pensavamo morta e spenta?
Perché il suo tempo non è il nostro, perché di qua del cunicolo fino a lei, noi contiamo milioni di anni, ma lì per lei il tempo passato è qualche secondo.
Lo spiega bene Rovelli all'inizio del libro, quando ci racconta perché il tempo non è uguale ovunque sulla Terra e non lo è prima e dopo il buco nero.
Ci porta ad immaginare di fare un viaggio verso paesi dove il servizio postale funziona sempre peggio. Noi viaggiamo e scriviamo lettere a nostro padre che se ne sta a casa. Più ci inoltriamo, più le lettere arriveranno lentamente. Ma la percezione del tempo rallentato (prima lettera dopo una settimana, seconda lettera dopo due, ecc…) vale per il nostro papà che vede dilatato il tempo che impiegano le missive ad arrivargli. Ma per noi, noi che siamo in quei paesi di poste inefficienti, per noi il tempo non cambia. E se poi entriamo nel deserto e lì le poste non ci sono più, non ci saranno più lettere. Ed ecco che per nostro padre il tempo si ferma, ma non per noi. Noi, dentro il deserto, proseguiamo il viaggio ad un ritmo e ad un tempo che esistono.

Con questa consapevolezza Carlo Rovelli ci porta ai confini dell'orizzonte, oltre la soglia di quegli oggetti cosmici chiamati buchi neri, nei quali si entra ma da dove non si esce. Spinge le equazioni di Einstein dentro il loro cunicolo, fin dove possono arrivare. E da lì, entrando nel campo della fisica quantistica ci mostra l'oggetto, uguale e contrario, attraverso il quale poter uscire. Una forma identica e ribaltata: un buco bianco.
Se questo viaggio è avvincente, lo è anche perché l'autore ci ricorda quanto la scienza da sempre proceda per tentativi, errori, giuste combinazioni, rimodulazioni e azzardi. Un movimento che procede soprattutto grazie all'avventura di tentare e di rimettere in discussione. Se non fosse così, l'umanità non avrebbe il prezioso caleidoscopio di prospettive di cui invece dispone.

Sì, è utile e necessario alla vita sapere che il tempo è una prospettiva. E lo sono lo sguardo, i fatti, gli accadimenti. Quelli che vediamo e attraversiamo, quelli che consideriamo veri in virtù di una teoria e formula matematica, e quelli che immaginiamo, spinti in avanti, oltre il muro del buco nero. Nel futuro di un buco bianco.