I Buchi bianchi di Carlo Rovelli, oltre la curva spazio-tempo

Leggere il cosmo, sfogliarlo come un grande volume che apre
dimensioni del sapere, esplorazioni e immaginazione.
I libri di Carlo Rovelli, quelli scritti per tutti, non
presuppongono la conoscenza puntuale della fisica, dell'astronomia e dell'universo.
Presuppongono solo il desiderio di entrarci, accompagnati da uno studioso del
cosmo, predisposto alla creatività.
È così anche "Buchi bianchi. Dentro l'orizzonte", uscito da
poco nella consueta Piccola Biblioteca Adelphi.
Sono presa da grande entusiasmo. Non solo perché il cosmo l'ho
sempre amato pur non capendone granché; non solo perché Rovelli riesce a
rendere semplici concetti complicatissimi; e non solo perché restituisce l'essenziale
delle conoscenze scientifiche sullo spazio-tempo, descritte come un viaggio
avvincente, anche da un punto di vista narrativo.
No, soprattutto l'entusiasmo (è stato così a partire dalle "Sette
brevi lezioni di fisica") mi prende perché a fare il viaggio che dalla Terra
porta alle soglie di un buco nero, ci tuffa dentro, ce lo fa attraversare
(sempre con la sensazione di restare vivi e pieni di stupore) e sconfinare dall'altra
parte, fin nel futuro, fino a raggiungere il buco bianco, a percorrere tutto
questo, prende forma la limpida sensazione che davvero il mondo e l'universo
sono un'immensa distesa di punti di osservazione che cambiano la vita.
Quando Rovelli (attingendo ai maestri di tempo, spazio,
fisica e cosmologia, da Anassimandro ad Aristotele, Aristarco, Copernico,
Keplero, Galileo, Newton, su su su fino a Faraday e Maxwell e poi l'immenso Einstein)
stende sulle pagine il concetto della curvatura spazio-tempo, della forza
gravitazionale e del perché, non solo spazio e tempo non sono lineari, ma addirittura sono diversi a seconda della prospettiva che assumiamo, in questa affabulazione
densa di scienza e umano stupore, capisco che nulla, proprio nulla è assoluto.
E, a differenza del bisogno che molti hanno di struggersi per un
assoluto, come dice l'autore, "l'impossibilità di accedere all'assoluto… mi sembra la sorgente di
una vertigine dolce. la vertigine della leggerezza, dell'inconsistenza del
tenue reale di cui facciamo parte…" (pag. 38).
Quanto è utile al vivere quotidiano capire com'è fatto un buco
nero, quello spazio e forma densa, nata dal collasso di una stella, che se ne
sta giù giù al termine di un imbuto sempre più lungo e stretto e che pure, lì,
all'estremo ritroviamo.
E perché ritroviamo la stella, intenta a pulsare mentre la pensavamo
morta e spenta?
Perché il suo tempo non è il nostro, perché di qua del
cunicolo fino a lei, noi contiamo milioni di anni, ma lì per lei il tempo passato
è qualche secondo.
Lo spiega bene Rovelli all'inizio del libro, quando ci racconta
perché il tempo non è uguale ovunque sulla Terra e non lo è prima e dopo il buco
nero.
Ci porta ad immaginare di fare un viaggio verso paesi dove
il servizio postale funziona sempre peggio. Noi viaggiamo e scriviamo lettere a
nostro padre che se ne sta a casa. Più ci inoltriamo, più le lettere
arriveranno lentamente. Ma la percezione del tempo rallentato (prima lettera
dopo una settimana, seconda lettera dopo due, ecc…) vale per il nostro papà che
vede dilatato il tempo che impiegano le missive ad arrivargli. Ma per noi, noi
che siamo in quei paesi di poste inefficienti, per noi il tempo non cambia. E
se poi entriamo nel deserto e lì le poste non ci sono più, non ci saranno più
lettere. Ed ecco che per nostro padre il tempo si ferma, ma non per noi. Noi, dentro
il deserto, proseguiamo il viaggio ad un ritmo e ad un tempo che esistono.
Con questa consapevolezza Carlo Rovelli ci porta ai confini
dell'orizzonte, oltre la soglia di quegli oggetti cosmici chiamati buchi neri, nei
quali si entra ma da dove non si esce. Spinge le equazioni di Einstein dentro
il loro cunicolo, fin dove possono arrivare. E da lì, entrando nel campo della
fisica quantistica ci mostra l'oggetto, uguale e contrario, attraverso il quale
poter uscire. Una forma identica e ribaltata: un buco bianco.
Se questo viaggio è avvincente, lo è anche perché l'autore ci
ricorda quanto la scienza da sempre proceda per tentativi, errori, giuste
combinazioni, rimodulazioni e azzardi. Un movimento che procede soprattutto
grazie all'avventura di tentare e di rimettere in discussione. Se non fosse così, l'umanità non avrebbe il prezioso
caleidoscopio di prospettive di cui invece dispone.
Sì, è utile e necessario alla vita sapere che il tempo è una prospettiva. E lo sono lo sguardo, i fatti, gli accadimenti. Quelli che vediamo e attraversiamo, quelli che consideriamo veri in virtù di una teoria e formula matematica, e quelli che immaginiamo, spinti in avanti, oltre il muro del buco nero. Nel futuro di un buco bianco.