I viaggi di Kapuściński

Quando non si può viaggiare, a volte, vale la pena farlo con lo sguardo di qualcun altro. Ryszard Kapuściński è stato un grande reporter. È nato e cresciuto in Polonia in anni difficili - la seconda guerra mondiale, poi la guerra fredda. Durante gli studi universitari a Varsavia inciampa casualmente su quello che forse è stato il più grande reporter dell'antichità, Erodoto. Ne sente parlare in modo vago, ma resta profondamente colpito dalla sua capacità di viaggiare e narrare. Il suo grande libro, le "Storie", viene tradotto in polacco a metà degli anni '40, ma esce solo nel 1955, con calma, dopo la morte di Stalin. Si laurea, comincia a lavorare per un giornale e gli sale un desiderio tormentoso di varcare il confine del suo paese. Qualche passo senza pretese, solo una passeggiata dall'altra parte, per esempio in Cecoslovacchia. Nulla di più perché il mondo fuori dalla Polonia è come quello oltre le colonne d'Ercole. In redazione sanno del suo desiderio di andare, un giorno la caporedattrice lo chiama e gli comunica che partirà come inviato per l'India. Panico. Voleva solo fare qualche passo oltre confine, parla solo il polacco, figuriamoci andare in India. Poi, Irena Tarlowska, la caporedattrice, apre un armadio e gli consegna come regalo per il viaggio un librone, sulla copertina c'è stampigliato in oro: Erodoto, "Storie". Ecco, così sono iniziati i viaggi di Kapuściński, che dall'India è andato in Cina, poi in Africa e in America Latina, sempre come inviato dell'agenzia di stampa polacca PAP. Una vita di viaggi e di reportage, portando sempre con sé quel tomo antico, profondo e attualissimo. Kapuściński è andato nei luoghi più conflittuali, isolati, dimenticati o, viceversa, bersagliati. Una vita di racconti avvincenti difficili e profondi. "In viaggio con Erodoto" l'ho bevuto d'un sorso, ormai un po' di tempo fa. Gli altri suoi reportage, raccolti in diversi volumi, li assaporo pian piano. Ogni volta che mi prende il desiderio di viaggiare.