La notte non passa

Fatih Akin ha una certa dimestichezza con le emozioni
brutali, la notte e le anime femminili. Nel 2004 aveva incantato il mondo con "La
sposa turca", vincendo l'Orso d'oro a Berlino e inondando gli sguardi con una
miscela esplosiva di dolore, amore, pena, sacrificio, tenerezza, violenza,
silenzio. In qualche modo tutto questo ritorna ora in un film che ancora spinge
all'estremo il dolore, l'amore, la violenza, il sacrificio e ci porta "Oltre la
notte".
Non ritrovo la stessa potenza narrativa, questo film non
precipita addosso come una piuma lieve che, all'improvviso, diventa piombo
fuso. Però schianta.
La scintilla sono una serie di attentati avvenuti in
Germania tra il 2000 e il 2007, in particolare uno. Tutti contro cittadini
stranieri residenti in Germania e tutti di matrice neonazista. Fatih Akin è
tedesco di origine turca. E nella sua città, Amburgo, immagina una famiglia.
Nuri è curdo di nazionalità turca, Katja è tedesca fino al midollo e Rocco è il
loro bambino. Sono innamorati, amorevoli, agganciati alla vita. Tutto scompare
in un istante quando una bomba fa esplodere l'ufficio di Nuri mentre lui è lì
con Rocco. Katja non c'è, è in giro a fare spese con un'amica. Il senso della
sua esistenza si polverizza nei mille gradi della deflagrazione, tanto da non
poter neppure vedere i corpi, una qualche sostanza di quello che erano.
Su questo Akin non media. Ha la grande capacità di pesare
gesti, sguardi, stordimenti. Un peso sordo, acuto, persistente, che non passa
per nessuna ragione al mondo. Perché nessuna ragione al mondo tollera un dolore
così grande.
Nuri ha un passato da pregiudicato, Katja fa uso di
stupefacenti, sono fragili, un po' inzaccherati dalla vita, ma innocenti nel
senso di puri. La bomba esplode nel quartiere turco. Le prime domande a Katja
sono sui traffici di Nuri, i legami con cellule islamiche. È tutto molto ovvio,
molto di questo tempo. Ma sì, è vero, Nuri è stato in carcere per traffico di
droga, ma no, non era religioso, non frequentava cellule, aveva chiuso con i
motivi del suo arresto. Era un uomo curdo che viveva in Germania, aveva un
lavoro che funzionava, una famiglia che era tutto. Katja trasecola e non ci
sta, anche e forse soprattutto perché la loro vita era fragile qua e là ma
limpida.
Poche ore prima dell'esplosione, quando lei ha lasciato
Rocco dal padre, ha visto una ragazza davanti all'ufficio. L'ha apostrofata per
aver lasciato la bici nuova incustodita: guarda che te la rubano così... Non era
mediorientale né dell'est, era tedesca sicuramente tedesca.
Ci sono in questo film una serie di oscillazioni, tutte
fanno perno su Katja. La storia prende respiro in lei e Akin ha davvero la
capacità di seguirla senza forzature, in un silenzio denso di gesti, pieghe del
viso e di tutto il corpo. Il dolore di Katja lo narra così, con le mille
sigarette che fuma, il corpo accartocciato, la polvere bianca che aspira o
inala vaporizzata. E con le sue pose immobili dentro la casa vuota o in
tribunale, al processo che vede imputati due giovani neonazisti: la ragazza
della bicicletta, individuata grazie all'identikit di Katja, e il suo compagno.
E intanto piove, piove di continuo e sembra che tutto scivoli nei rivoli senza
sosta. Piove sulle strade, sui tetti delle auto, sui vetri delle case, su Katja
che ha tutto addosso. Nel movimento di questo pendolo che lentamente fa avanzare
storia e personaggi, per ogni oscillazione fluida che fende l'aria, ce ne sono
altrettante di scomposte, al punto che il film sembra quasi diviso in due. Il
processo, la difesa, la parte civile, le vittime e i carnefici, lei sempre lì
come una statua di sale. Tutto scorre senza ridondanze ed è potente. Poi arriva
l'assoluzione per gli imputati.
Da qui il film procede un po' sconnesso e qualcosa va perso.
Forse è semplicemente Katja che frana, cola a picco come un guscio di noce
sforacchiato, smangiucchiato al punto che la sua natura lieve muta in un peso
specifico insostenibile. Il suo scoramento diventa il nostro e qualcosa di
sordo non ci molla più. Fatih Akin ha dichiarato che il finale - che lascio nel
silenzio - era l'unico possibile. Può darsi. Non sono convinta che fosse
l'unico in grado di tenere intatta quella potenza, l'empatia che stringe gli
spettatori a Katja, Nuri e Rocco. Ma per quanto possa sentirmi perplessa, Oltre
la notte passa davanti agli occhi come un baratro nero e profondo che ci sfiora
e sul quale stiamo di continuo affacciati.
Annotazioni: Diane Kruger per l'intenso ruolo di Katja ha vinto a Cannes come migliore interprete femminile. Oltre la notte è stato premiato con il Golden Globe come miglior film straniero. Fatih Akin è sensibile, preciso e feroce. Le sue storie oscillano tra Amburgo, la Turchia, il flusso di popoli, la ricerca di luoghi e identità. "La sposa turca", "Ai confini del paradiso", "Soul Kitchen", "Il padre", graffiano.
Sul film "Oltre la notte" di Fatih Akin
pubblicato su remweb.it il 19 marzo 2018