La rivoluzione di Anassimandro con gli occhi di Carlo Rovelli

Sulla scia di "Buchi bianchi. Dentro l'orizzonte" (Adelphi),
sono andata a ritrovare un saggio prezioso di Carlo Rovelli, "Che cos'è la
scienza. La rivoluzione di Anassimandro", uscito per Mondadori nel 2014 e varie
edizioni a seguire. La mia copia stava poggiata sopra un ripiano della libreria
in attesa del momento giusto.
Va così con i libri. Arriva il momento giusto e non è detto
che coincida con il momento dell'acquisto. Per questo ci sono file di volumi a
riposare sugli scaffali, in attesa; altri hanno la precedenza o nessuno ce l'ha,
in linea con la mia discontinuità.
Carlo Rovelli evoca Anassimandro nei libri, nelle
interviste, durante gli incontri. Anassimandro di Mileto è un riferimento
essenziale.
C'è da riflettere un bel po' sulle parole di Rovelli. In un
pugno di pagine (177), più un glossario una bibliografia e un indice analitico,
fa quello che gli riesce sempre molto bene: spalanca le porte del tempo e dello
spazio e ci porta a qualche millennio fa, alle origini della scienza moderna. Non
perché la scienza moderna sia nata con Anassimandro, vissuto 26 secoli fa: 610/609-547/546
a.e.v. (dove a.e.v. sta per ante eram vulgarem, come a.C.). No, la scienza
moderna nasce molto dopo: è quella di Copernico, Galilei, Newton… fino a
Maxwell, Einstein e oltre.
Perché Anassimandro, nato e vissuto a Mileto (città della
Lidia, vivacissimo centro commerciale e culturale per tutto il Mediterraneo e
oltre, piazzato nel cuore della civiltà greca), ha a che fare con la scienza
moderna?
Perché in Anassimandro, uomo di pensiero, filosofo del mondo,
studioso della natura, si rintraccia la prima vera riflessione sui fenomeni naturali
in chiave scientifica. Non c'è, prima di lui, in nessuna società, comunità,
civiltà del mondo, uno studioso, pensatore, viaggiatore che spieghi gli accadimenti
di terra, mare, cielo senza ricondurre tutto all'universo divino, a quello che
per noi oggi è il mito, conficcato in profondità nella storia dell'umanità, a
qualunque latitudine.
Anassimandro, in un mondo in cui la vita era scandita,
dettata, disegnata dal divino (un'impalcatura immensa, derivata da credenze
millenarie, dove la piramide ultraterrena, affollatissima di deità, determinava
ogni dato sensibile della terra, del cielo, degli abissi), sostiene che le cose
accadono per delle ragioni fisiche, per interazioni, scambi, movimenti che
hanno a che fare con la natura stessa delle cose. Un pensiero rivoluzionario
che mai nessuno aveva concepito.
Rivoluzionario 26 secoli fa.
Le riflessioni di Carlo Rovelli non sono scoperte. La storia
del pensiero umano, filosofico, storiografico, e anche scientifico, brulica di
studiosi che hanno letto, analizzato, interpretato la figura di Anassimandro.
Nessuno però sembra sottolineare un passaggio cruciale attorno al quale,
invece, ruota e si sviluppa l'osservazione di Rovelli: se per noi osservatori
moderni le annotazioni di Anassimandro sono normali constatazioni (in molti
casi errate), dobbiamo renderci conto che il suo pensiero ha dato origine a un
vero capovolgimento. Quello che poi la scienza moderna ha dichiarato e
dimostrato, Anassimandro lo aveva già visto e detto. E aveva intuito e detto
che la Terra (per tutti piatta e poggiante su colonne o tartarughe o file di colonne
e di tartarughe): "è un corpo di dimensione finita che galleggia nello spazio. Non
cade perché non ha una direzione speciale verso cui cadere." Del pianeta pare
abbai dato una rappresentazione, ponendosi anche all'alba della cartografia.
Per questo la sua figura sfuggente è in realtà un pilastro.
Perché contro ogni evidenza religiosa, panteista, misterica e sovra-umana,
Anassimandro credeva nella natura delle cose, del mondo, dell'universo, nel VI
secolo a.e.v.
Di Anassimandro non rimane nulla se non il frammento di un libro che doveva essere vario e complesso, intitolato "Sulla natura", frammento che Rovelli riporta nel suo saggio:
Tutte le cose
hanno origine l'una nell'altra e periscono l'una nell'altra,
secondo la
necessità.
Esse si rendono l'un
l'altra giustizia, e si ricompensano per l'ingiustizia,
in conformità con
l'ordine del tempo.
Non è da questa briciola di testo che si deducono il pensiero e la grandezza di Anassimandro, ma dalle tantissime fonti successive a lui che ne riportano gli studi, le riflessioni, le osservazioni, Aristotele compreso. Dello studioso di Mileto resta una miriade di indizi, citazioni, riferimenti nei testi di chi nei secoli successivi ha studiato o disquisito su umanità e universo, dandogli ragione o torto ma tenendo Anassimandro come un riferimento saldo. Si sente tra le pagine di Rovelli il fascino di questa ricerca, la ricostruzione per tessere, come quelle di un mosaico, di un pensiero asincrono in un mondo sincronizzato sul divino.
Non mi addentro oltre nelle riflessioni su pensiero antico, rivoluzioni e su
"Che cos'è la scienza. La rivoluzione di Anassimandro" di Carlo Rovelli, se non
per dire che è materia da approfondire, per tutti.
Rifletto solo (senza pretese) sul fatto che osservare la
storia del mondo nelle sue stratificazioni, nel tempo e nello spazio, così come
osservare il cielo, oltre i confini del pianeta sul quale stiamo, sono privilegi
del pensiero, è l'avventura umana che ci avvince o dovrebbe avvincerci.
Rifletto sul fatto che un fisico teorico come Rovelli
percorre la strada della ricerca interrogandosi sulle origini del pensiero;
unisce passato presente e futuro in un viaggio che è il nostro viaggio.
Perciò, l'attimo presente a me sembra un piccolo grano che
prende sostanza dal passato e slancio verso il futuro. E quello che siamo a me
pare una mescolanza complessa e bellissima di quel che eravamo e saremo.