Le donne della mia vita

16.04.2023

Ricordo bene quella notte inesistente. Camminavo in una città mai vista prima.
Era cupa e solenne. La pietra degli edifici brillava di umidità. Portavo un grande cappotto, troppo grande ma caldo.
Ero affaticata e incerta nei movimenti, sentivo il corpo dilatato e mi ci è voluto un po' per rendermi conto che aspettavo un bambino. Un grande ventre precedeva i miei passi e li rallentava. Mancava poco, di questo ero sicura, questione di istanti, ma non mi preoccupava l'idea di non avere un riparo. Volevo solo chiudere il mio corpo in un cerchio di intimità e far uscire ciò che era in me e che non sentivo come qualcosa di vivo, non ancora.
Sono arrivata alla porta della città, un grande arco si alzava a coprire li cielo con la sua pietra antica e umida, ma sembrava così caldo e protettivo. Il luogo giusto, in quel disorientamento, per lasciarmi andare alla stanchezza.
Ricordo solo che mi sono seduta sul lastricato stringendomi nell'enorme cappotto, poi una vibrazione ha scosso tutti i muscoli del corpo e un piccolo essere, nudo e sporco respirava con me, fuori di me.
E io lo stringevo senza capirlo. Vedevo solo che era minuto e intriso di umori caldi e interni, usciti insieme a lui dal mio ventre. Restava quieto a cercare calore e l'unica fonte per entrambi era l'enorme cappotto.
Non so quanto tempo siamo rimasti sotto la protezione dell'arco; devo aver dormito senza smettere di stringere quel corpicino.
Al risveglio mi sono alzata, tenevo il bimbo sotto il cappotto e il cordone ombelicale ancora ci univa.
Sapevo di avere una meta e non ero più disorientata. Abbiamo attraversato la città ma nessuno poteva vederci. Eravamo un'ombra...solo ombra e calore e il suo corpo era qualcosa di me ma non ero più io.
Sono arrivata alla casa, la casa di tutte le case, abitata dalle donne della mai vita. Non avevano età e quasi non si distinguevano illuminate da una luce incerta e irreale che un gioco di lampade colorate emanava.
Davanti a loro ero calma, senza più stanchezza. Ancora sulla porta ho chiesto loro di aiutarmi... Quando ho aperto gli occhi, ero nel mio letto immersa in un calore umido di sudore; un calore che ricordava quello del sogno dentro il grande cappotto.
Era tutto così reale. Il sudore, il calore, la stanchezza e il dolore dei muscoli contratti in uno spasmo. Solo il bimbo non c'era e la casa, così come l'avevo sognata... e le donne della mia vita.

- Basta! -
È un dardo che lacera l'aria
e il silenzio.
È una notte ubriacata
dal sogno inquieto della lontananza...
Mi sveglio stordita e inebriata
la tua voce risuona nella stanza
secca e precisa
come lo sguardo della luna.
L'ho vista la luna,
questa notte spiava il mio respiro
e nutriva i suoi sensi
nel cielo zuccherino d'ambrosia.
L'ho guardata
supplicandole un po' di dolcezza
ma lei, avida,
si è voltata altrove
schernendo il mio desiderio.
Il vento è cessato
è lei che lo placa
sussurrando parole d'amore
alle quali non crede.
Ma lui
impetuoso e fragile
si disperde per lei
e attende
la promessa di gioia.
Aspetterà invano lo sciocco,
non sa ancora
che la luna froda i viaggiatori
li prende
e se li avvolge intorno
come abiti nuovi per la festa.
E ad ogni danza un nuovo mantello.
La luna
si veste sempre di parole nuove.