Pensieri muti

Mi resta fiato solo per i pensieri lontani, quelli addolciti
dall'assenza di voce.
Insomma pensieri muti che si mostrano al presente in
silenzio. Non è facile accorgersi della loro presenza perché, non avendo alcun
suono che annunci li loro arrivo, confidano solo nello sguardo. Credo che tanti
sfuggano all'attenzione e mi chiedo se esiste un posto che li raccoglie, un
posto non memorizzabile.
Inutile parlarne se è un luogo senza memoria. Sì ma, se
penso ad un posto così, anche se non potrò mai vederlo - e non voglio vederlo - mi si
rasserena il cuore.
Ho come la certezza che nulla è perso. Non ci sono gesti
inutili e tanto meno pensieri inutili.
Guardo mio nipote - nemmeno un anno di vita - prendere uno
ad uno i giornali da una cesta, riporli sopra una sedia o sul divano, fino
all'ultimo. Poi, con la stessa compostezza e precisione li rimette nella cesta,
e il rito non è completo e non ha senso se tutti i giornali non sono fuori e
poi dentro nuovamente.
Gesti essenziali come mangiare, dormire, camminare. L'unica
differenza è che i primi non sono standardizzati. Non hanno codice, vivono in
totale libertà.
Forse abitano lì i pensieri muti, nella testa di un bambino
che sposta giornali.
Forse allora, dentro ognuno di noi ci sono pensieri muti,
pensieri raccolti in una dimensione dimenticata, una zona obliata che non fa
parte del nostro senso comune.
Qui il pensiero si ferma. Se questa zona esiste non voglio
disturbare il suo riposo.
Se mi resta fiato solo per i pensieri muti, allora io per
prima devo fare silenzio. Nell'assenza di rumore non c'è ragione.
Ma dove non c'è ragione non ci siamo neanche noi.
Faccio i conti tutti i giorni con la razionalità. È una
lotta che non mi dà tregua...
Se solo riuscissi a spogliarmi del mio essere sempre presente!
Se solo potessi essere per un momento un pensiero muto!
- Tu non lo sai ancora, ma, quanto sarà fortunato chi potrà
amarti! - risuona ancora la voce che me lo diceva.
I sogni che rincorro sono il pensiero muto. E forse la
verità è che negli attimi in cui godo le piccole cose portate dal giorno, io
sono dentro quel pensiero muto, ma non posso accorgermene.
Ho voglia di fare un viaggio.
Niente di nuovo, è l'irrequietezza che mi prende quando da
troppi giorni sono ferma, a casa.
Non ha più il senso che aveva un tempo questa parola, casa.
Certamente rimane un luogo fisico e certamente continua ad avere una forma
precisa nella mia mente.
La vorrei piccola, un posto che si possa visualizzare facilmente.
Vorrei riempirla di linee leggere, morbide allo sguardo e al tatto.
Immagino un soppalco in legno e i mobili, ricercati con
cura, di un legno vecchio e caldo. Insomma, vorrei cose che portano un tempo
proprio, cose che vivano in autonomia, senza costrizione.
Un posto dove sentirmi libera, la mia casa, un posto che
profumi di storie vere e di fantasie. Un posto da dividere con chi amo in armonia e rispetto, dove
ci siano parole ma anche silenzi e complicità.
È un sogno la mia casa, lo so bene. Uno di quelli fatti alla
luce del giorno, e basta guardarsi intorno per accorgersi che non ha
consistenza.
È un silenzio la casa che immagino, qualcosa che ho dentro
come un'eredità innata. Mi fa pensare ad un gioiello di famiglia, uno di quelli
antichi, senza tempo. La sua provenienza si perde nel buio. Si dice che lo
portasse una dama come dono di un cavaliere che l'amava.
Si sono perdute nella memoria queste figure incerte ed è
meglio non ritrovarle pienamente per non spezzare la loro esistenza
evanescente.
Ma il gioiello c'è, custodito nelle generazioni che hanno
narrato la storia di questa eredità.
Continuo a custodirlo e se un giorno avrà una forma non
soltanto immaginaria, lo vestirò di altro tempo, per lasciarlo poi a chi potrà
tenerlo dentro.
E se non accadrà, continuerà a brillare, nel buio, come una forma
vaga e irriconoscibile a chi la sfiora.