Questo volume di Karenina

Mi è capitato, alcuni anni fa, di inciampare su un libro
che era stato dimenticato, forse perso, comunque lasciato. Non è un romanzo che
passa inosservato. È corposo, per lunghezza e per sostanza. Avvince, stordisce,
riempie di speranza e sconforto. Ha una trama complessa, intricata, sale come
un sentiero ripido e affannoso e poi si apre in spianate che danno respiro. Lev
Tolstoj ha scritto "Anna Karenina" dopo "Guerra e pace", pubblicato
inizialmente a puntate nelle pagine di un periodico. Insieme i due romanzi
hanno uno sguardo sulla Russia, su nobiltà e miseria, su altitudini e abissi, ineguagliabili.
Che siano stati di fatto o di animo. Ma non è questo che voglio dire. Mi preme
di più la cosa in sé. Quella volta ho preso il volume tra le mani, era un po'
liso, squassato dall'uso e dallo spessore notevole che ha. Mi sembrava che chiunque
lo possedesse, lo stesse assaporando. Le pagine sembravano raccontare un legame,
qualcosa di avvincente tra la persona e il suo sguardo sul mondo. Esattamente a
metà volume c'era un segnalibro logoro, anche lui. Con un gesto automatico l'ho
aperto e gli occhi sono caduti lì: "La prima persona che vide fu Mademoiselle
Linon. Stava attraversando la sala, e aveva i boccoli e il viso splendenti. Le
aveva appena rivolto la parola, quando a un tratto dietro la porta si udirono
dei passi, il fruscio del vestito, e Mademoiselle Linon disparve alla sua
vista, e lui venne assalito dall'euforico terrore della vicinanza della propria
felicità".
In sei righe di questa edizione tascabile del romanzo, a metà
volume, è racchiuso un sospiro, un'apparizione, un istante che vale un intero
battito, una scarica di adrenalina, un impulso elettrico tra le sinapsi, un
orizzonte compiuto. Ecco, sono passati alcuni anni e questo libro, proprio
questa copia, con la sua storia, la sua consunzione, la sua vitalità, tutte le
cose che non so del suo viaggio dalla stampa alle mie mani, ogni cosa la
custodisco. Questo vorrei dire, che ha un posto e non è andato perduto.