Reti

17.04.2023

In agosto il cielo è più vicino e ogni sguardo più grande; in agosto anche il silenzio si fa immenso.
Un malessere diffuso e insistente mi prende in agosto, da sempre. Sarà il caldo o le giornate così lunghe e lente e le notti così chiare e pesanti, troppo chiare e pulite, troppo scontate per emozionare. Un'aria satura, opprimente e nauseabonda mi investe mentre cerco uno spazio tra miriadi di corpi ansimanti. Sembrano statue di cera artefatte e grottesche, colano la loro stessa essenza sotto un fuoco che le divora.
Emanano un etere sordo e compatto che entra nelle narici, solido, a coprire ogni sensibilità. Sento la morte aleggiare tra queste vie, quella strisciante e primordiale che nella decomposizione genera altra vita.
Rallento i passi pesanti, chiudo gli occhi in uno smarrimento di forma... è solo un istante, poi il respiro accelera cercando una improbabile purificazione.
Il fragile equilibrio sta nel baricentro del mio corpo dove niente può raggiungermi.
Si può morire di questa angoscia. E infatti si muore, altrove, in disperazioni lontane da noi; si muore in una spirale di sopravvivenza inevitabile…

Appunti su un breve viaggio a Firenze nel caldo d'agosto, camminando tra un'umanità disperata e incosciente, dove l'unica luce di purezza sembra essere quel campanile di Giotto incurante del tempo e dello spazio.

La città è piena di se stessa ma vive di un'ombra riflessa, di suoni e di profili che ondeggiano come sospiri.
La città è un contenitore di anime, la danza è al ritmo dei passi, delle ruote che rodono i sassi, dei clacson che lacerano il tempo, dei pensieri che risuonano nel vento.
E la rete di solitudine s'infittisce, ogni tanto si strappa e svanisce nell'urto di un corpo impazzito che vola nell'infinito… Ma per uno che lascia, cento continuano la danza della rete, che più gira e più si stringe in una spira.
Nella città si fa la vita e si costruisce la morte, si vendono pensieri e si comprano desideri.
Nella città puoi trovare chi non cercavi e accorgerti di quanto l'amavi. Infine ti metti a cercare e non sai mai cosa puoi trovare.
E quel corpo impazzito, perso nell'infinito, lo incontro tutti i giorni, mi parla dei suoi sogni… ci osserva e ride dei nostri bisogni, a volte mi sembra che pianga, ma forse le lacrime sono cristalli...
È strano agli occhi degli altri.
Non teme la morte né il dolore che gioca ogni sorte.
È così, quando si vive nel vento e si respira l'aria di ogni tormento. (a Mauro... per una canzone)