Reti

In agosto il cielo è più vicino e ogni sguardo più grande;
in agosto anche il silenzio si fa immenso.
Un malessere diffuso e insistente mi prende in agosto, da
sempre. Sarà il caldo o le giornate così lunghe e lente e le notti così chiare
e pesanti, troppo chiare e pulite, troppo scontate per emozionare. Un'aria
satura, opprimente e nauseabonda mi investe mentre cerco uno spazio tra miriadi
di corpi ansimanti. Sembrano statue di cera artefatte e grottesche, colano la
loro stessa essenza sotto un fuoco che le divora.
Emanano un etere sordo e compatto che entra nelle narici,
solido, a coprire ogni sensibilità. Sento la morte aleggiare tra queste vie,
quella strisciante e primordiale che nella decomposizione genera altra vita.
Rallento i passi pesanti, chiudo gli occhi in uno
smarrimento di forma... è solo un istante, poi il respiro accelera cercando una
improbabile purificazione.
Il fragile equilibrio sta nel baricentro del mio corpo dove
niente può raggiungermi.
Si può morire di questa angoscia. E infatti si muore,
altrove, in disperazioni lontane da noi; si muore in una spirale di
sopravvivenza inevitabile…
Appunti su un breve viaggio a Firenze nel caldo d'agosto, camminando tra un'umanità disperata e incosciente, dove l'unica luce di purezza sembra essere quel campanile di Giotto incurante del tempo e dello spazio.
La città è piena di se stessa ma vive di un'ombra riflessa,
di suoni e di profili che ondeggiano come sospiri.
La città è un contenitore di anime, la danza è al ritmo dei
passi, delle ruote che rodono i sassi, dei clacson che lacerano il tempo, dei
pensieri che risuonano nel vento.
E la rete di solitudine s'infittisce, ogni tanto si strappa
e svanisce nell'urto di un corpo impazzito che vola nell'infinito… Ma per uno
che lascia, cento continuano la danza della rete, che più gira e più si stringe
in una spira.
Nella città si fa la vita e si costruisce la morte, si
vendono pensieri e si comprano desideri.
Nella città puoi trovare chi non cercavi e accorgerti di
quanto l'amavi. Infine ti metti a cercare e non sai mai cosa puoi trovare.
E quel corpo impazzito, perso nell'infinito, lo incontro
tutti i giorni, mi parla dei suoi sogni… ci osserva e ride dei nostri bisogni,
a volte mi sembra che pianga, ma forse le lacrime sono cristalli...
È strano agli occhi degli altri.
Non teme la morte né il dolore che gioca ogni sorte.
È così, quando si vive nel vento e si respira l'aria di ogni
tormento. (a Mauro... per una canzone)