Il paradiso di Lucia Berlin

07.02.2023

Quando ho avuto tra le mani questo libro non l'ho letto subito. L'ho scorso, sfogliato, ho cercato notizie su di lei. È bellissima, è tutta graffiata, mi ha tenuta ferma un bel po' prima di decidere di leggere i suoi racconti. Non so cosa fosse. Forse l'evidenza di un certo dolore, la sensazione che ci sono momenti e momenti per addentrarsi nelle parole degli altri.
Sono parole belle quelle di Lucia Berlin, nata in Alaska, vissuta in molti posti, anche in Cile. Sono parole che hanno dentro una contentezza graffiata, appunto. La stessa che sta nei suoi occhi, bellissimi.

"Sera in paradiso" sono racconti fatti di parole che sembrano semplicemente osservare gli eventi. Lei mette lì la sua vita, ricordi, accadimenti, solchi duri che, nella distanza di spazio e tempo, prendono forme un po' incantate, un po' pietrificate, certamente doloranti ma sempre con passi che hai voglia di fare, uno dopo l'altro. Anche se non mi decidevo ad entrarci in questa spira di pensieri che riempiono pagine gocciolanti di succo.

"C'era un ettaro e mezzo di terreni incolti. Venti meli sul punto di fiorire. Steli di granoturco secchi, un aratro manuale arrugginito. Un mimo rossiccio dal becco ricurvo era appollaiato sotto uno spoglio pioppo americano vicino alla pompa rossa. Dalla pompa sgorgò l'acqua quando Paul la provò.
Le finestre erano quasi tutte rotte, le porte spalancate. L'interno era fresco e buio e profumava di piñon, di legno di cedro. Un'altra fragranza pungente emanava da una tenda fatta di bacche di eucalipto e perline rosse".